Non entrate in quella casa
Devo fare ammenda e ritornare su alcune considerazioni poco delicate che ho sempre esternato nei confronti di questo Prom Night ovvero Non entrate in quella casa. Per farla breve c'è stato un periodo in cui l'ho sempre snobbato (non so quanto questo possa fregare a qualcuno, ma tant'è) e considerato come una nota a margine nel panorama del cinema horror anni ottanta.
Forse a causa del mio amore viscerale nei confronti della saga di Venerdì 13 o forse per altri futili motivi, Prom Night non è mai riuscito a scavarsi una comoda nicchia nella cesta delle pellicole più ammirate dal sinceramente vostro. Ora, tutto questo spiegone non sta qui per dirvi quanto io oggi lo consideri un capolavoro incompreso o puttanate del genere. No, voglio solo ammettere che dopo ripetute visioni la pellicola del vecchio Lynch mi è in qualche modo "rimasta attaccata" e quanto oggi riesca ad apprezzarla nei suoi difetti e nelle sue cazzate. Non è poco.
Partendo dal presupposto che lo slasher come oggi lo conosciamo, che si voglia o no, nasce dalla riproposizione di certi stilemi del thrilling argentiano e italiano dei primi anni settanta (un evento del passato come fattore scatenante delle nevrosi e della violenza, il killer nero-vestito che "disturba" le potenziali vittime al telefono oppure seguendole, le armi da taglio come ovvi simboli fallici e gli omicidi sanguinari, il tutto mutuato dal cinema elegante e sottilmente sovversivo del sor Bava) è però innegabile che il successo di Halloween abbia buttato benzina su un fuoco che non si sarebbe più spento; Prom Night nasce proprio come un progetto adatto per monetizzare su un'altra festività/vacanza ricamandoci sopra una storiella di morti ammazzati, o almeno è quello che intende fare il vecchio Irwin Yablans quando comincia a parlare con Paul Lynch della possibilità di girare un film horror. Si, solo che Lynch non è d'accordo, preferendo utilizzare la serata del ballo studentesco come viatico di morte e spaventi.
Un'intuizione che porta nelle casse qualcosa come 14.796.236$ (su budget dichiarato di 1.500.000 CAD) più i proventi dell'home video. Non male per una piccola produzione canadese che rifiutò l'appalto della Paramount Pictures (che si rifarà alla grande distribuendo un altro filmetto con il numero 13 nel titolo) per l'offerta della Avco Embassy di una distribuzione su 1200 schermi a partire dal luglio 1980.
La sceneggiatura di Robert Guza Jr. è un perfetto bigino dello slasher movie dei primi anni ottanta: si parte con il classico antefatto, ovvero una grande casa abbandonata in cui dei ragazzini si divertono a giocare e tormentare la bambina al di fuori della cerchia degli eletti, Robin Hammond (Tammy Bourne), che precipita dalla finestra a causa di un gioco che sembra innocente ma che tanto innocente alla fine non è. Morale della favoletta, Robin muore e i colpevoli decidono di tacere su quanto realmente accaduto. I bambini sono già dei cinici figli di puttana, capaci di mentire e insabbiare un omicidio colposo, pure aiutati dal fatto che un maniaco sessuale viene incolpato al loro posto. Ma sarà vendetta, tremenda vendetta. L'incipit è una delle cose migliori del film, l'ho sempre pensato e riguardando la versione Blu-ray il lavoro di Lynch e del suo direttore della fotografia Robert C. New risulta ancora più convincente ed evocativo, una sorta di bolla temporale in cui è la dimensione onirica a fare da principale ingrediente, quasi la visione leggermente distorta di chi si è appena svegliato da un incubo (complice la scenografia di Reuben Freed).
Quello che segue è un limpido esempio di soap-opera prestata alla Serie B, in cui i giovani protagonisti, ormai cresciuti, si preparano per la notte del ballo (lo dico una sola volta, il cast è clamorosamente fuori target per quanto riguarda la presunta età dei protagonisti, sembrano tutti dei quarantenni) evento che ci permette di conoscere le future vittime, già stalkerate da un misterioso maniaco che si diverte a fare delle telefonate minatorie (influenze e copiature dai materiali osceni argentiani si sprecano a questo punto). L'atmosfera di tensione e terrore à la "Halloween" che Lynch vorrebbe evocare non si avvicina al prototipo nemmeno con il classico binocolo, i segnali del pericolo imminente sono poca cosa rispetto alle schermaglie amorose e alle cazzate dello script di Guza Jr. che non si fa mancare nemmeno un piccolo furtarello da Carrie - Lo Sguardo di Satana (1976) con la "cattiva" della situazione (la bella Eddie Benton, già in Dr. Strange e poi in The Boogens e Savage Harvest) che cerca di sabotare il ballo con l'aiuto di un buzzurro affascinante quanto un sacco di letame in soggiorno.
Dopo Prom Night si trasforma in una sorta di dramma poliziesco/disco dance/slasher non in grado di controllare tutti gli ingredienti a sua disposizione, perdendo troppo tempo a riprendere balletti e false piste fino all'entrata in scena effettiva dell'assassino che ho sempre trovato un po' goffo e imbecille, ma nell'ottica della rivelazione finale (ops, spoiler alert) è perfettamente (si, vabbè) giustificabile. Il killer non è un professionista delle frattaglie come Jason, Michael o Leatherface, ma solo un ragazzo traumatizzato e incazzato che vuole giustiziare i suoi sedicenti compagni e amici. Che sono colpevoli. E il finale in puro deliro melodrammatico, è una chiusura triste e malinconica che si spinge quasi ai confini del lacrima movie alla Raimondo Del Balzo.
Manca forse una scena veramente memorabile, il killer è di certo anonimo e le scene omicidiarie sono risolte con un montaggio rozzo e poco dinamico, eppure Prom Night, Non entrate in quella casa o come cazzo volete chiamarlo rimane un filmetto diabolicamente piacevole ed esploitativo nonostante l'aria fritta che si respira, in parte grazie alla fotografia di Robert New, molto efficace nelle scene notturne e nella rappresentazione di una folle "febbre del sabato sera al ballo di ognissanti" e per via di una sottile carica erotica che si consuma nel proverbiale "vedo non vedo" con una Jamie Lee Curtis da sturbo che sembra avere sotto gli abiti da falsa liceale gli aderentissimi completini di Una poltrona per due.
Professionale ma nulla di più la performance di Leslie Nielsen (che si risparmia per il suo numero in Creepshow) mentre Antoinette Bower nel ruolo della Sig.ra Hammond offre un'intensa interpretazione che avrebbe meritato più spazio nel metraggio, ma non si può avere tutto. La pellicola ha generato una saga da discount di ben quattro capitoli che non c'entrano nulla con il prototipo, senza contare (e infatti non contatelo) un orribile remake che andrebbe derubricato, di cui non citiamo nemmeno il titolo. Ho sempre pensato che abbia pure dato la stura per una sorta di orgia slasher di ambientazione scolastica comprendente Final Exam di Jimmy Huston (1981), Sweet Sixteen (1983) di Jim Sotos e Graduation Day (1981) di Herb Freed, ma potrei avere torto. Anzi, sicuramente.
Ottima edizione Blu-ray Synapse Films del 2014, altrimenti ci sono i dvd.
Domenico "Belushi" Burzi
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