Resucitaré para matarlos

Il 1990 per il regista Rubèn Galindo Jr. è un anno creativo: girerà l'action Rescate mortal e ancora una volta un horror, questo Resucitaré para matarlos. Il primo, molto buono, il secondo purtroppo no. Lo diciamo con un pizzico di amarezza perché le precedenti regie del buon Galindo Jr., anche quelle meno riuscite come Cementerio del terror, ci erano sembrate migliori, più briose e con delle idee che qui mancano.

La storia è quella di un ragazzo un po' cicciotto, Juan Carlos, interpretato dal poco convincente Andreas Pears, che, come tradizione kinghiana vuole, da Carrie in avanti, è oggetto di bullismo da parte dei compagni di scuola, soprattutto un gruppetto di bellocci con un gusto un po' particolare negli scherzi. Così il ragazzo, restato intrappolato in una sauna caldissima, morirà. Da qui la scelta dei suoi assassini, gente che comunque va in giro armata come il peggiore dei narcotrafficanti, sarà quella di occultare il corpo. Facile no? Non proprio perché Juan Carlos aveva degli strani poteri che gli permettevano di uscire in forma astratta dal corpo e ora, da morto, vuole la sua vendetta.



Resucitaré para matarlos non parte realmente mai: per buona parte della pellicola gira a vuoto salvo ricordarsi, nel finale, che si tratta di un horror, ma, anche allora, senza dare un senso logico alle azioni che si vedranno. Così in un mappazzone, per dirla alla Chef Barbieri, di intuizioni, dai citati umori kinghiani a Morte a 33 giri, dal successo di quello stesso anno di Ghost – Fantasma al cinema zombesco, senza dimenticarsi l'australiano Patrick, il film risulta incolore, malamente interpretato e girato distrattamente.

Funziona, come in molte produzioni di Rubèn Galindo Jr., il gore, tutto concentrato nella seconda parte che vede il nostro Juan Carlos scatenarsi sotto forma di morto vivente assassino con gli artigli da rapace come in Cementerio del terror.  Così assistiamo, in una decina di minuti su una durata di 80 buoni, ad un delizioso luna park splatter di protesi e urla: facce scarnificate, budella che escono in bella vista e sangue a fiotti. 

La parte dell'eroe è ricoperta dal baffuto Miguel Ángel Rodríguez, presente fin dalla copertina della vhs messicana con atteggiamenti tipici da action alla Chuck Norris. Lui interpreta un allenatore di calcio che, a colpi di cazzotti e sparatorie, a risolvere buona parte dell'intrigo sulla morte del povero Juan Carlos. Senza dimenticarsi ovviamente di scippare al capo dei ragazzotti assassini, Armando Araiza, pure la fidanzata, la bella Mariana che, come tradizione degli horror del regista, non si spoglierà mai. 



Resucitaré para matarlos sul piano visivo, compresa la fotografia molto buona di Germán Salcedo, è, come tante opere del regista, un B movie solido, non dissimile come confezione dai più celebri prodotti direct to video statunitensi.

È un peccato però che si denoti la scarsa motivazione del regista nel metterlo in scena soprattutto se rapportato con un malinconico e contemporaneo Rescate mortal.

Questa, come molte pellicole messicane, è di difficile reperibilità, di certo non una delle migliori, ma con quella magia unica che i film horror in salsa tex mex possiedono. Impossibile parlarne davvero bene, ma anche non adorarli nelle loro imperfezioni. Alla fine noi siamo con orgoglio i guerrieri delle produzioni più sconosciute, gli Indiana Jones di un cinema di genere che in Italia non abbiamo mai visto e che riscopriamo, con i brividi adolescenziali, ora dopo più di trent'anni.

Andrea K. Lanza



Resucitaré para matarlos

Regia: Rubén Galindo Jr.

Interpreti: Miguel Ángel Rodríguez, Armando Araiza, Luis Gatica, María Fernanda García

Durata: 80 min.

Genere: Horror

Anno: 1990



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