La casa in Hell Street

Christie non vede di buon occhio la relazione matrimoniale fra la madre Karen e il patrigno Paul, ma la situazione precipita quando la ragazza si convince che l'uomo voglia mettere in atto un terribile piano: uccidere Karen per ottenerne poi il patrimonio.

Cattiva alchimia: un matrimonio che all'apparenza sarebbe dovuto essere perfetto e che invece genera incomprensioni e litigi.

La casa in Hell street è questo. Una cattiva alchimia tra lo sceneggiatore Tom Holland e il regista Michael Winner. Due talenti che insieme non quagliano, ognuno con un'idea diversa di cinema in un film che per forza di cose è un fallimento.

Certo, a rivederlo ora, dopo 29 anni, Scream for Help è palesemente un brutto film: dialoghi non eccelsi, situazioni assurde e attori che non riescono a creare la giusta empatia, soprattutto la giovane protagonista, Rachael Kelly. Proprio non ti capaciti a trovare qualcosa di buono, quel “genio” che Tom Holland dice esserci stato nel suo script originale. È tutto alla fine molto rozzo, senza quei guizzi che ti aspetteresti dal regista di Il giustiziere della notte. Eppure, ci ricorda sempre Holland, La casa in Hell street poteva essere un cult movie, il vero Il patrigno che arriverà un anno dopo e genererà seguiti e remake. Invece no, invece questo film ha finito la sua corsa velocemente, nei suoi 90 minuti scarsi che sembra siano stati trovati disastrosi persino dalla produzione. Un cult movie sulla carta distrutto dalla realtà.



Holland non tira fuori dal cappello però uno script meraviglioso come Psycho 2. Questo è evidente, Colpa sua quindi, ma anche colpa del suo regista di fiducia, Richard Franklin che preferì girare Link, colpa di Winner che non aveva la sensibilità per affrontare un horror e decise di tagliare la maggior parte dei dialoghi rendendo la storia incomprensibile. Un film di colpe quindi.

Eppure Winner, solo qualche anno prima, diresse un signor horror, cupo e terrorizzante, Sentinel. Era sensibile all'epoca?

La casa in Hell street la si ricorda alla fine per le cose sbagliate: gli amplessi che arrivano al softcore, le tette grosse di Sandra Clark e quell'aria da Home Alone horror che possiede il finale quando Rachael Kelly prepara trappole e si aggira nel buio con un coltello. Il guizzo, l'unico che esiste, viene proprio da Michael Winner che gira tutta la seconda parte come una versione al femminile di Death wish. “Che possiamo fare?” chiede la madre. “Li ammazziamo tutti” risponde la protagonista. Qui scatta l'applauso popolare dopo un'ora di situazioni che si vorrebbero thriller e sono solo ridicole, un po' alla Scooby Doo. D'altronde come essere seri quando la ragazzina, per fuggire al patrigno e ai suoi complici, si rifugia nella vasca dai bagno dei suoi aguzzini mentre quelli, ad un passo da lei, litigano, si menano e decidono persino di aprire l'acqua per un bagno, e ovviamente non la vedono mai? Non c'è sospensione dell'incredulità, ma considerare cretini gli spettatori.

Nel finale però, come detto, la salsa viene condita meglio: il ribaltone di ruoli, i cattivi che vengono fatti a pezzi, bruciati e folgorati dalla protagonista che li ammazza come “cani rabbiosi”, per dirla alla Paul Kersey/Charles Bronson, porta brio alla vicenda. Certo nulla di che, ma anche meglio di niente.

Eppure c'erano delle intuizioni che potevano essere sviluppate meglio come il rapporto patrigno-figliastra, il fatto che lei lo descriva come "bello e affascinante", il comportamento seduttivo e predatorio dell'uomo verso la ragazza, poi gli amplessi spiati dalla protagonista e forse desiderati che culminano in una "prima volta" della giovane dolorosa e sanguinosa, interrotta appunto dal suo desiderato e odiato antagonista. 


Non che Christie Cromwell sia un'eroina da ammirare: le muore l'amica e si porta a letto subito il ragazzo di lei. Il suo è un odio profondo verso gli uomini che sono ritratti da Winner come bestie, non solo il patrigno e dai suoi complici, ma anche le forze dell'ordine. Basta vedere l'interrogatorio che le fa il capo della polizia: gambe aperte, sorriso a mezze labbra, potrebbe essere uno stupratore e come tale si comporta. Gli uomini in Scream for help sono feccia e Christie Cromwell li ammazza come topi di fogna, un po' come la Jennifer di I spit on your grave

Certo ci sono le donne, ma sono anch'esse manipolate, a partire dalla madre che crede al suo compagno anche quando la fa palesemente cadere da una scala. Anche l'amante di Paul Fox, il patrigno, è vittima del patriarcato con le botte inferte dal complice marito e l'idea di fregare l'uomo per essere poi fregata da un altro uomo. Questo Christie Cromwell lo capisce: gli uomini sono solo pedine da usare e sicuramente il sesso è più orribile della morte. 

La casa in Hell street non era tanto facile da vedere nella nostra lingua: circolava solo un brutto video, ai limiti del vedibile, registrato da Rai 3. Ora abbiamo invece il beneficio della scelta: una versione cut, ai limiti del bootleg, editata dalla Sinister, appena uscita, e una in arrivo, molto più gustosa, con l'audio e il video da negativo originale, della Oblivion. Uncut ovviamente.

Se siete amanti del cinema horror/thriller è un film da vedere almeno per completezza e ha come vanto il fatto di non essere noioso, ma, come scritto e spiegato, è un film non riuscito, involontariamente ridicolo e subito dimenticabile. Il vero Winner non risiede qui come il vero Tom Holland che, l'anno dopo, per la delusione girerà Ammazzavampiri. D'altronde dal letame nascono i fiori.

Andrea K. Lanza



La casa in Hell street 

Titolo originale: Scream for help 

Anno: 1984 

Regia: Michael Winner 

Interpreti: Rachael Kelly, David Allen Brooks, Marie Masters, Lolita Lorre, Rocco Sisto, Corey Parker, Sandra Clark, Tony Sibbald, David Baxt, Bruce Boa, Sarah Brackett, Clare Burt, Antonio Cantafora, Joel Cutrara, Tony Cyrus

Durata: 89 min.





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